A nessuno farebbe piacere ricevere l’amputazione di una gamba o di un braccio oppure
l’asportazione di un organo. Ci sentiremmo menomati nel fisico, incapaci di reagire, privi di una
parte di noi e chiusi nel nostro dolore.
Sembra strano ma tutto questo lo si prova anche quando viene meno un fratello. Ti sembra
d’impazzire e allora, per noi credenti, viene in aiuto il conforto della fede con la certezza che
l’anima del nostro caro viva una seconda vita.
Quest’articolo lo scrivo nel ricordo di Giovanni, fratello burbero ma con un gran cuore, accanito
lettore dei miei scritti.
Non criticherò ma riporterò i fatti così come sono accaduti; tutte le considerazioni del caso le lascio
al lettore, con la speranza mai sopita di “smuovere” quelle mediocrità e superficialità dannose per
tutti noi. Molti ritengono che ci vorrebbe un miracolo, io sono del parere diametralmente opposto:
“i miracoli umani”possono avvenire se l’uomo opera correttamente, con consapevolezza e
responsabilità.
“Se vuoi una società migliore devi operare con rettitudine e amore per la tua gente. Non delegare
Dio.”
Molti direbbero che il destino di mio fratello era già segnato per i suoi problemi cardiaci, questo è
inconfutabile, comunque rimane il rammarico che Giovanni non abbia ricevuto quel conforto e quel
rispetto che ogni malato grave dovrebbe ricevere. L’opera di alcuni medici del reparto del quarto
piano di medicina Generale è stata encomiabile ma è stata annullata dalla mancanza di
professionalità e umanità degli infermieri e dalle gravi carenze del nosocomio flegreo.
Il 17 febbraio 2010, all’arrivo al pronto soccorso il medico di turno si rende conto della gravità
della situazione e subito mio fratello privo di sensi viene sottoposto ad una TAC cerebrale che è
negativa e, in stato di semi incoscienza viene ricoverato al reparto di medicina generale con la
diagnosi di ictus ischemico.
Per mancanza di posto mio fratello seppur lucido rimane in barella, nel corridoio alla vista di tutti
che possono assistere alle sue sofferenze protetto da un inutile “separè mobile” senza un cuscino,
un lenzuolo e neanche una coperta. Situazione definita “indecente” anche a detta di alcuni medici.
A questo punto mi sovviene fare la seguente riflessione: “Ma dopo i tanti soldi spesi per
realizzare un ospedale che fosse all’avanguardia era troppo allestire delle stanze per i
pazienti gravi?
La seconda riflessione: “Che fine hanno fatto i cuscini, le lenzuola e le coperte?
Il 18 febbraio dopo una notte trascorsa in barella gli viene assegnato il posto letto n° 34 in una
stanza pulita? Provare per credere intanto le suo condizioni si aggravano sempre più mente noi
familiari stupidamente traiamo speranza da un movimento del piede, della bocca, della mano e
delle palpebre.
La seconda TAC conferma la gravissima situazione: emorragia cerebrale all’emisfero sinistro. I
medici ci informano sull’evoluzione del quadro clinico evitando accuratamente, come da prassi,
qualsivoglia ottimismo anzi ci ripetono che il paziente è in prognosi riservata e che bisogna
aspettare almeno 72 ore dall’accaduto per un eventuale inizio di riassorbimento della zona
emorragica.
Il tempo intanto, non passava mai, sembrava un’eternità. Giovanni dormiva insensibile al fastidio
del sondino nasale per l’alimentazione e del catetere.
Il pomeriggio del 19 febbraio le sue condizioni si aggravano, entra in coma profondo e ha la febbre,
La sera decido di rimanere in ospedale per la notte, perché avevo bisogno di lui, di sentirlo accanto
così come quando ragazzi lui il “fratellone” ci proteggeva dai ragazzi prepotenti. Ora volevo essere
io a proteggere lui.
E’ stata la notte più tragica perché mi rendevo conto minuto dopo minuto dell’importanza della sua
semplice figura di uomo burbero nella mia vita. I ricordi si accumulavano nella mia mente, le sue
critiche, i litigi causati spesso da una valutazione diversa dei fatti, insomma un “brontolone” dal
cuore buono ed anche, un appassionato e critico lettore dei miei articoli. Mi ricordo al riguardo che,
quando gli portai prima di Natale una copia del numero unico del giornale “Pozzuoli Futura la
voce” mi disse che aveva apprezzato moltissimo l’articolo dell’assessore alla cultura e che tra tutti
gli articoli il più brutto era il mio e qualche giorno prima mi aveva chiesto quando sarebbe uscito il
primo numero del settimanale perché lui credeva in me.
Di tanto in tanto uscivo da quella sudicia stanza ed in corridoio sostavo dinanzi alla statua della
Madonna per chiedere con la preghiera una sua intercessione.
Ma di quella notte ricordo soprattutto la bestialità di un infermiere che domandò al medico di turno,
ignoro che io potessi sentirlo, “Cosa si doveva fare al morto?”. L’aveva dato già per spacciato
quando ancora respirava.
Ma la solidarietà e l’amore per una professione così delicata ed importante dov’è finita?
A tal proposito mi viene alla mente un articolo: “Angeli in corsia” che lessi su Famiglia Cristiana
che parlava di un infermiere che assisteva gli ammalati terminali non solo con le braccia ma anche
con la sua “presenza umana” che donava conforto nel momento più triste della loro sofferenza.
Il pomeriggio di sabato i medici nell’informarci delle sue condizioni ci prospettavano due soluzioni:
portarlo a casa oppure, come ultima possibilità, affidarlo alle cure dei medici della rianimazione.
Optammo per la seconda soluzione, e salutai mio fratello con un immenso groppo alla gola.
Domenica 21 febbraio 2010 alle ore 11.00 Giovanni è spirato.
Non saprò mai se a mio fratello siano state prestate tutte le cure previste come da protocollo per un
caso così grave o vi siano state delle negligenze, purtroppo oggi rimane solo il ricordo delle prime
24 ore dal ricovero, in cui era ancora lucido e vitale su una misera barella senza cuscino, lenzuola
e coperta in un corridoio di un reparto inadeguato per le sue condizioni.
Ci preparammo per le esequie che dovevano muoversi dalla fredda sala mortuaria; il rito funebre
era stato previsto per le ore 12.30 nella chiesa di Sant’Artema. Il carro funebre con la bara si
presentò all’uscita del varco dell’ospedale verso le ore 12.00 del lunedì ma fu bloccato dalla
guardia di controllo perché nel leggere attentamente i documenti aveva notato che il certificato di
morte riportava come ora del decesso le 14.00 della domenica e quindi l’uscita poteva avvenire
dopo ventiquattro ore. MA MIO FRATELLO ERA MORTO ALLE ORE 11.00! Se volevamo
far uscire il carro dovevamo far aggiustare i documenti. Arrabbiati, addolorati e disgustati dal
disservizio andammo
dall’autore dell’evidente errore, credendo di risolvere l’equivoco. Il dottor C…..O negò ogni sua
negligenza incolpando un impiegato della circoscrizione, ma non era così. Era stato proprio lui a
trasmettere le informazioni sbagliate alla circoscrizione e non voleva in quel momento accettare il
suo errore e quindi non poneva rimedio all’accaduto. Fummo costretti, nostro malgrado, a dover
interpellare il solito “santo in paradiso”. Dopo poco miracolosamente la situazione si risolse e noi
potemmo proseguire il nostro ultimo doloroso cammino.
Lascio ad ognuno di voi giudicare, ponendomi ancora una volta la solita domanda: “E’ giusto che
liberi cittadini debbano essere trattati in questo modo?”.
Spero che dopo le elezioni regionali si possa avere un ospedale bello, non solamente da lontano.
In fondo non chiedo un miracolo perché la mia richiesta è rivolta a degli uomini seri ed integerrimi
i quali sanno che, per valorizzare un risorsa, ci vogliono le persone giuste al posto giusto.
Filippo Monaco ’57
Dicembre 17th, 2011 at 8:21 pm
I’m certainly content to read this. It is a type of manual that you should given and not the accidental misinformation that may be in the other blogs. Many thanks for sharing this greatest post.
Dicembre 18th, 2011 at 1:31 am
I truly enjoy how we talk about these types of subject matter.